Yuri Averbakh
Nato a 188 chilometri a sud ovest di Mosca, classe 1922, Yuri Lvovich Averbakh è da considerare una prestigiosa e preziosa memoria storica di quella che egli stesso definì “l’età dell’oro” dello scacchismo russo. Caratterizzata da interpreti del calibro di Botvinnik, Smyslov, Keres, Bronstein e subito appresso Petrosjan, Geller, Tajmanov, Boleslavskij, oltre a sé stesso: tutti “forti individui con personalità uniche”. Per finire in bellezza, negli anni Sessanta, con Tal, Spasskij e Korchnoj.
Dopo essere arrivato primo assoluto (nel 1949) e per due volte primo a pari merito (nel 1950 e nel 1962) nel Torneo di Mosca, è nel 1954 che la vittoria del sedicesimo Campionato Russo, due anni dopo il conseguimento del massimo titolo, corona una carriera importante che si fregerà della partecipazione al famoso Torneo dei candidati di Zurigo del 1953.
Si definirebbe uno “sportivo” secondo la sua lista delle sei categorie di scacchisti possibili: i killer, che cercano di sbaragliare l’avversario in apertura; i lottatori, che tengono duro fino alla fine e danno molta importanza alla vittoria; gli sportivi, che quando la partita è finita sono persone normali; i giocatori e gli scommettitori, che si dedicano ai più diversi tipi di giochi- dalle carte al backgammon; gli artisti, per i quali è importante conseguire vittorie spettacolari; i ricercatori e i didatti, che non riusciranno mai a diventare campioni del mondo, così come gli artisti.
Il suo impegno nel mondo degli scacchi si può definire senza dubbio a 360 gradi: presidente della federazione russa dal 1972 al 1977, arbitro internazionale- e giudice internazionale di composizioni scacchistiche, a sua volta autore di più di cento studi sui finali, diresse la rivista Shakhmaty v SSSR e la sua nuova versione dopo il crollo del regime, Chess in Russia. è autore di capisaldi della letteratura scacchistica nei quali tende a condurre per mano il lettore come un vero e proprio discepolo da guidare dalle basi elementari fin sulla vetta della conoscenza.
IPSE DIXIT - Ai giovani va insegnato che gli scacchi non sono un gioco di guerra, ma un gioco bellissimo